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Arte e infanzia. L’importanza dell’arte nello sviluppo del bambino
Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita
vuol dire conservare la curiosità di conoscere il piacere di capire la voglia di comunicare.
Bruno Munari
Imagination is more important than knowledge generally. For knowledge is limited to all we now know and understand, while imagination embraces the entire world, and all there ever will be to know and understand.
Albert Einstein
La mente dei tre anni dura per cento anni.
Proverbio giapponese
Introduzione
Arte e creatività svolgono un ruolo fondamentale nell’ambito dell’evoluzione infantile, tuttavia, per molti versi, entrambe sembrano essere oggetto di scarso interesse da parte delle istituzioni. All’interno dei programmi educativi scolastici, le discipline artistiche appaiono infatti collocate in secondo piano rispetto alle altre e innegabilmente si continua a difendere la presunta preminenza dell’area cerebrale sinistra – quella del raziocinio – rispetto a quella destra – epicentro emozionale e creativo.
In realtà, ripercorrendo la storia del pensiero filosofico e pedagogico, emerge un sottile fil rouge che collega la pratica di attività artistiche alle abilità comunicative e allo sviluppo fisico-cognitivo-emotivo durante l’infanzia. Numerosi studi sembrano infatti dimostrare che, fin dai primissimi anni di vita del bambino, l’arte contribuisce a migliorarne le capacità espressive, a favorire l’apprendimento logico – matematico e linguistico, a rafforzare la consapevolezza di sé, a liberare le potenzialità creative insite in esso. In definitiva, essa sembra essere determinante al fine di un’evoluzione interiore dell’individuo.
Nella prima metà del novecento, John Dewey, influente filosofo e pedagogista americano, affermò con convinzione l’idea che l’arte fosse il mezzo più indicato per utilizzare, in maniera costruttiva, l’energia creativa racchiusa nel bambino(1). Nella concezione di Dewey, l’arte non deve essere considerata come un’esperienza a se stante, bensì essa va messa in relazione alla psicologia dei singoli individui e alle realtà socio-culturali da cui scaturisce. Il filosofo sottolinea infatti come il fine ultimo dell’attività creativa del bambino non debbano essere i “manufatti” che egli realizza, quanto piuttosto la capacità di osservazione, le abilità mnemoniche e l’immaginazione, che l’arte contribuisce a sviluppare e che conferiscono all’individuo buone capacità critiche e di risoluzione dei problemi.
In Italia, quasi contemporaneamente a Dewey, Maria Montessori elaborò un analogo concetto di “esperienza”, in cui il fare e l’azione rappresentano la manifestazione esterna del pensiero(2). In questa concezione, l’esperienza manipolativo-sensoriale, tipica della produzione artistica, assume un ruolo centrale in chiave evolutiva e la mano può essere considerata una sorta di “protesi” della mente(3). La “Dottoressa”(4) sosteneva infatti che l’attività artistica fosse una forma di “ragionamento” e che “percezione visiva” e “pensiero” fossero connessi in maniera inscindibile. Il lavoro creativo, nel suo svolgimento, coinvolge numerose capacità cognitive e un bambino assorto a dipingere, scrivere, danzare, comporre, etc…altro non fa che “pensare” con i propri sensi(5).
Maria Montessori individua nel periodo che va dai 3 ai 6 anni di età del bambino il momento di “formazione delle attività psichiche – sensoriali”. A quest’epoca, l’individuo sviluppa i propri sensi concentrandosi sull’osservazione dell’ambiente circostante. Tuttavia, poiché l’approccio infantile, in questa fase, è rivolto più agli stimoli che non a conoscere “le ragioni delle cose”, è necessario “dirigere metodicamente gli stimoli sensoriali, affinché le sensazioni si svolgano razionalmente e preparino la base ordinata a costruire una mentalità positiva al fanciullo.”(6) Quindi è possibile concludere che l’azione e la sperimentazione – anche e soprattutto in ambito artistico – favoriscono l’educazione sensoriale, divenendo il presupposto per lo sviluppo dell’intelligenza e per l’estrinsecazione delle proprie potenzialità interiori.
Partendo da tali considerazioni, in questo articolo si cercherà di valutare le possibili influenze dell’arte sull’evoluzione infantile, anche attingendo ad alcune esperienze internazionali, in campo accademico e scientifico. In Italia, poi, abbiamo una tradizione di studi, che pare doveroso ricordare, che hanno per oggetto il mondo dell’infanzia e le sue interrelazioni con l’arte. Proprio la “vocazione creativa” del nostro Paese renderebbe quasi obbligato un percorso educativo e formativo in grado di lasciare ampio spazio a tale componente. In realtà, poiché ciò non avviene ancora in maniera diffusa, in questo articolo si cercherà di gettare le basi per una riflessione sulla possibilità di riconsiderare il ruolo delle arti all’interno dei percorsi educativi e formativi dei bambini.
I benefici dell’arte nello sviluppo del bambino
Nel corso degli ultimi decenni, sono stati condotti numerosi studi sul legame fra la pratica di attività artistiche e lo sviluppo delle capacità cerebrali dell’individuo durante la prima infanzia e tale dibattito si è fatto ancora più interessante con la diffusione delle neuroscienze(7). L’arte, nelle sue forme più varie (arti visive, musica, teatro, danza, etc.), coinvolge infatti tutti i sensi del bambino e ne rafforza le competenze cognitive, socio-emozionali e multisensoriali. Durante la crescita dell’individuo, essa continua ad influenzare lo sviluppo del cervello, le abilità, la creatività e l’autostima, favorendo inoltre l’interazione con il mondo esterno e fornendo tutta una serie di abilità che agevolano l’espressione di sé e la comunicazione.
Erik Erikson nel celebre saggio “Infanzia e Società”(8), suddivide lo sviluppo dell’individuo in otto fasi (di cui le prime quattro sono relative al periodo dell’infanzia)(9) e utilizza le nozioni di sviluppo cognitivo, emozionale, sociale e motorio. Egli sostiene, in estrema sintesi, che i bambini devono poter compiere numerose esperienze in ciascuno di questi quattro ambiti per diventare adulti “sani, felici e produttivi”.
In epoca più recente, il pensiero di Erikson trova seguito nella posizione di Elliot Eisner(10), che nel corso della sua lunga carriera e produzione saggistica, ha approfondito il tema del ruolo dell’arte all’interno dei percorsi educativi scolastici. Secondo quest’ultimo, l’arte può fornire importanti insegnamenti in riferimento all’evoluzione del bambino. Si può quindi riassumere il pensiero di entrambi facendo ricorso alla ripartizione nelle quattro macroaree sopra elencate.
Dal punto di vista cognitivo, le arti insegnano ai bambini:
• a sviluppare capacità di problem solving, a comprendere che i problemi possono avere più di una soluzione e che ogni domanda può avere più di una risposta. Le soluzioni raramente sono fisse, ma cambiano in base alle circostanze e alle opportunità. Nella produzione artistica sono infatti indispensabili sia la volontà, sia la capacità di cogliere le soluzioni impreviste offerte dal lavoro che si evolve;
• a elaborare una prospettiva multipla, influenzando anche il modo di osservare e interpretare la realtà. Durante il processo artistico la mente del bambino viene coinvolta in un processo di scoperta del “come” e del “perché”. Esattamente come uno scienziato, che sperimenta e scopre soluzioni, il bambino, quando si trova alle prese con un’idea artistica, analizza le varie possibilità e lavora attraverso il cambiamento;
• a pensare “con” e “attraverso” i materiali, rendendoli consapevoli del fatto che attraverso mezzi materiali è possibile trasformare le idee in realtà.
Se si considera lo sviluppo emotivo, è possibile constatare che l’arte:
• incoraggia la creatività e l’auto-espressione, insegnando ai bambini a dire ciò che “non si può dire”, spingendoli a ricercare nella propria poetica interiore le parole adatte a esprimere i propri sentimenti riguardo a un determinato lavoro artistico;
• consente di sviluppare le proprie capacità comunicative. Poiché il linguaggio presenta numerosi limiti, che non gli permettono di contenere i confini della nostra conoscenza, soltanto l’arte ci consente di esprimere sentimenti che diversamente non troverebbero sfogo;
• permette di mettersi alla prova in situazioni nuove e di sperimentare il più ampio spettro di sensazioni possibili.
Dal punto di vista dello sviluppo sociale del bambino, le arti:
• insegnano a elaborare opinioni sulle relazioni “qualitative” e non solo “quantitative”. In genere, i programmi educativi sono per lo più incentrati sulle “risposte corrette” e sulle “regole”, mentre nell’arte prevalgono le opinioni e i giudizi;
• favoriscono le competenze socio–emozionali. Attraverso l’arte il bambino impara a trovare un accordo con se stesso e a controllare i propri sforzi. Questo processo, insieme alla pratica della condivisione e dell’alternarsi, favorisce l’apprezzamento degli sforzi altrui e, al tempo stesso, la consapevolezza dell’unicità di ciascun individuo, da cui deriva una positiva consapevolezza di se stessi;
• possono diventare un efficace strumento terapeutico per giovani problematici;
• quando presentano una natura multiculturale, favoriscono l’integrazione di chi e di ciò che appare come “diverso”.
Infine, per quanto riguarda lo sviluppo motorio del bambino, si può affermare che l’attività artistica:
• migliora le funzionalità motorie. Sagomare un foglio di cartoncino con le forbici, indirizzare il tratto di un pennello, disegnare con un pennarello o strizzare un tubetto di colla in modo “controllato” sono tutte attività che aiutano il bambino a migliorare la propria manualità e la padronanza fisica sugli oggetti;
• accresce l’autostima del bambino, il quale si rende conto di riuscire a coordinare e controllare i propri movimenti;
• favorisce una prima forma di coordinazione occhio-mano, diventando una “palestra” in cui i bambini fanno pratica in vista dei momenti vissuti di vita familiare e sociale.
In conclusione, si può affermare che, sebbene talvolta sotto forma di gioco, le arti svolgono un ruolo insostituibile nel trasmettere al bambino quelle competenze che gli saranno utili nell’affrontare più preparato la vita e nel contribuire, con la propria personalità, a costruire una società civile migliore.
Fonte: Tafter Journal, riassunto di Elena Bazzanini